“Sono affari di famiglia: azzardo e relazioni familiari” è il titolo del seminario organizzato dall’Ausl di Parma e che si terrà Giovedi 21 aprile 2016 dalle 8.30 alle 17.00 presso l’Auditorium del Gruppo Cooperativo COLSER-Auroradomus in via Giorgio Sidney Sonnino 33/A.
Il seminario, accreditato ECM per medici, psicologi, educatori, infermieri, tecnici di riabilitazione psichiatrica, intende trattare il disturbo del gioco d’azzardo, fenomeno in continuo aumento, acuito anche a causa della crisi economica di questi anni.
Sono state 1.277 le persone che, nel 2014, sono state trattate dal Servizio sanitario regionale con patologie collegate alla dipendenza da gioco: il 15% rispetto all'anno precedente. È quanto si legge in una nota della Regione Emilia-Romagna secondo cui se si prende in esame il periodo 2010-2013 l'incremento dell'utenza Sert per gioco d'azzardo è stato del 116,8%.
Per far fronte alla "febbre del gioco" e alle sue degenerazioni, inoltre, "è stato firmato un protocollo con associazioni rivolte al contrasto di questo tipo di dipendenza ed è stata attivata una struttura residenziale sperimentale specializzata a Reggio Emilia, denominata "Pluto", che nel 2014 ha ospitato 19 pazienti della regione e 21 da fuori regione".
Il gioco d’azzardo è una malattia che si può curare. Prima viene diagnosticato il problema, più alte sono le possibilità di liberarsi da questa dipendenza. Ma come in tutte le forme di dipendenza, l’assistenza al singolo può prevedere il coinvolgimento della famiglia o della coppia.
Questo seminario vuole dunque approfondire il tema della relazioni all’interno di un contesto famigliare alterato dalla dipendenza dal gioco.
La rappresentazione dell’ambiente familiare che viene proposta dai membri porta spesso alla luce una struttura di relazioni interne alla famiglia, per molti versi, insoddisfacenti per tutti quanti i componenti. Ciascuno a modo proprio sembra vivere malcontenti e insofferenze connesse con l’organizzazione e la stereotipia dei rapporti interni alla famiglia, senza però esprimerle apertamente. Affiora un disagio diffuso caratterizzato da rancori sopiti che, appunto perché non espressi, non possono essere affrontati.
In generale pare delinearsi un’organizzazione del gruppo familiare dalla quale si evince una stretta interdipendenza tra i vari componenti che, per i motivi più disparati, si trovano ad aver continuamente a che fare gli uni con agli altri: o perché si lavora insieme o perché solamente per mezzo dell’altro si ritiene di poter rispondere alle varie incombenze (economiche, affettive, sociali) Si scorge un’inquietudine che, dunque, coinvolge tutti quanti i membri della famiglia e che sembra venire accuratamente nascosta, tenuta segreta: non detta. Ciò che si può dire e di cui si può parlare sembra essere soltanto il problema costituito dai comportamenti razionalmente incomprensibili del ‘giocatore’.
Per informazioni ed iscrizioni
Anna Maria Baratta -